Intervista a Nicola e Domenico Ditacchio, del Tarallificio di Piazza Foroni
Arrivando in piazzetta Cerignola numero 2 ci si trova di fronte ad un capannello di persone e al profumo del forno che esce dalle finestrelle in alto. Tocca chiedere chi è l’ultimo per mettersi in fila. Sono tutti in attesa della sfornata: si scambiano due chiacchiere, ci si ritrova, ci si incontra. In fila ci sono diverse persone, dal cerignolese trasferitosi qui negli anni passati, a gente fuori del quartiere che viene al mercato di Piazza Foroni per la varietà e la scelta dei prodotti venduti, o al fuorisede che ha preso casa qui nei dintorni e da poco ha scoperto qualcosa di cui non riesce a fare a meno.Ogni volta che qualcuno esce, qualcuno entra, lasciando gli altri avventori fuori a chiedersi «ci saranno abbastanza taralli?», «li prendo con i semi di finocchio o con le cipolle?».
L’avventura di Nicola Ditacchio inizia nel 1992, «a bordo di una golf piena di scaldatelli e prodotti tipici pugliesi», partendo alla volta di Piazza Foroni, che già era sede di una nutrita comunità di Cerignola. All’inizio non era ancora presente il negozio attuale; «poi negli anni macinando km su e giù per lo stivale l’attività prese forma permettendo alla mia famiglia di raggiungermi. Adesso Domenico, mio figlio, continua la tradizione di famiglia».
Il tema della qualità è centrale ma, come dice Domenico, con 4 € si compra un’esperienza vera ed unica, che permette di immergersi completamente in questa realtà di Barriera di Milano. Le difficoltà, però, ci sono. Domenico precisa: «Non ce l’ho con gli immigrati, ma con spacciatori e clienti. A volte è difficile vivere e lavorare, soprattutto al calar del sole». Poi aggiunge: «la polarizzazione presente nello scenario politico attuale elimina tutte le sfumature necessarie a comprendere la realtà della zona».
Una realtà che spesso è ridotta a vaghi slogan, articoli di giornale sensazionalistici e sporadici blitz da copertina. Una volta sui banchi di scuola c’erano pugliesi, piemontesi e veneti, ora ci sono i loro figli e nipoti che vanno a scuola insieme a bambini figli di altre culture. Il veicolo promotore di integrazione è anche, sempre, il cibo: lo scaldatello e i capunet una volta, lo scaldatello e il cous cous oggi. «Certo», dice Domenico, «magari la prima volta che si assaggia una cosa nuova si può non apprezzare, ma con il tempo si superano i pregiudizi e si impara a godersi sapori diversi dai nostri».
La speranza è quella di creare una Piazza Foroni dove non ci sia timore per il diverso e paura dello straniero. Dove ancora più di oggi i bambini giochino insieme al di là delle differenze culturali, perché quelli, tanto, sono i problemi dei grandi. Nicola e Domenico si dicono positivi verso il futuro e si auspicano una Piazzetta Cerignola più vivibile, magari con qualche bar o ristorante, dove poter uscire la sera e vivere momenti di condivisione, chiaramente senza snaturare la sua identità. «Noi siamo qua e non vediamo nessun motivo per andarcene».
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