IL PARCO DEL MEISINO COME BENE COMUNE_FONDI PNRR

Intervista a Pier Giorgio Terzuolo, responsabile dell'area foresta e biodiversità dell'IPLA, Bruno Morra, referente del Comitato spontaneo di quartiere Borgata Rosa-Sassi e Francesco Tresso, Assessore alla Cura della città di Torino, sulla possibilità di creare un luogo in cui l'uomo conviva consapevolmente con la natura.

di Giulia Paolillo
Illustrazione di Davide Vitale

Una Zona di Protezione Speciale (ZPS) è un’area protetta designata a livello europeo per la conservazione dell’avifauna, con gli habitat e le specie correlati. Il Parco del Meisino, situato alla confluenza tra la Stura di Lanzo, la Dora Riparia ed il Po, nei comuni di Torino e di San Mauro Torinese, è stato indicato come ZPS nel 1997 ed è incluso tra i siti facenti parte di Rete Natura2000. L’area è anche inserita nel parco del Po Piemontese e la sua collocazione in ambito urbano ben si rispecchia nell’utilizzo della sua superficie: la maggior parte è infatti destinata a parco pubblico o comunque utilizzata a fini ricreativi e, secondariamente, agricoli, come testimonia la presenza di pioppeti, seminativi, prati stabili. 

Nonostante sia ritenuto di estrema importanza per la Regione, il Parco del Meisino è carente dal punto di vista della progettazione delle aree verdi e presenta una certa dispersione del sistema di accoglienza, uno scarso coordinamento delle azioni di valorizzazione e un complessivo degrado ambientale. Queste componenti hanno innescato fenomeni di isolamento rispetto al resto della città. L’obiettivo dovrebbe essere quello di attivare progetti e iniziative per trasformarlo in una polarità urbana che possa svolgere una funzione rilevante a scala sovralocale e che, contemporaneamente, sia attenta alle caratteristiche del territorio nel rispetto dell’ambiente.

In merito alla possibilità di coniugare un’alta frequentazione del parco con una politica volta alla rigenerazione e conservazione della biodiversità, l’intervistato Pier Giorgio Terzuolo (responsabile dell’area foresta e biodiversità dell’IPLA), afferma: «La città deve mantenere una permeabilità, non andando a creare con le infrastrutture urbane una barriera della rete ecologica, costituita da nodi che sono le core areas (aree centrali ad alta naturalità come parchi o riserve, nda), da fasce di connessione (corridoi ecologici, che nel contesto sono le fasce fluviali con sponde arborate, nda), e da punti d’appoggio (stepping stones, aree a biodiversità più ridotta che ospitano comunque habitat). L’area del Parco del Meisino è di una dimensione tale che è possibile fare della pianificazione, previa valutazione dell’incidenza ambientale dell’intervento. Pianificare vuol dire che un esperto riconosce l’esistenza di un valore, che va conservato attivamente a tempo indeterminato, facendo convivere gli habitat naturali e le specie a questi correlati con il verde urbano estensivo (c.d. urban forestry), fruibile, e le infrastrutture che impattano sulla naturalità. Considerare il Meisino una riserva integrale significherebbe invece sottrarre una zona di media qualità dell’habitat ai cittadini, in un contesto dove c’è una forte richiesta di fruizione». 

Sullo stesso tema, in antitesi Bruno Morra, referente del Comitato spontaneo di quartiere Borgata Rosa-Sassi, ci spiega: «Ciò che rende assolutamente unica questa zona da tutto il resto della città è la sua valenza naturalistica; è indispensabile pertanto che venga mantenuta, preservata e sostenuta con interventi di risistemazione ambientale, senza comprometterla né modificarla con un eccessivo carico antropico. Il relativo isolamento e la fruizione leggera hanno sinora permesso di conservare il sito secondo la sua vocazione ambientale, evitando speculazioni e tutelando la biodiversità».

Intanto, grazie al progetto «Cittadella dello sport e dell’educazione ambientale» del Meisino, presentato nell’ambito del bando dedicato a Sport e inclusione sociale, il fondo PNRR che l’Europa ha messo a disposizione per far ripartire la spesa pubblica e riqualificare la zona del torinese ammonta a 11,5 milioni di euro. Il progetto sarebbe quello di creare all’interno del parco un’area sportiva totalmente inclusiva. Tra le discipline che si potranno praticare: ciclocross, mountain bike, pump track, skiroll, biathlon, arrampicata sportiva. All’interno del piano è inoltre previsto il restauro del vecchio Galoppatoio militare abbandonato, nel quale verrà realizzato un centro educativo per lo sport e l’ambiente, oltre a spogliatoi, docce e punti noleggio per le attrezzature utili all’esercizio fisico. 

Rispetto alle possibili conseguenze di una simile opera dal punto di vista ambientale, l’Assessore alla Cura della città di Torino Francesco Tresso dichiara: «La zona è stata divisa in tre aree: in quella perifluviale, dove sono presenti rare specie d’avifauna che nidificano e che bisogna lasciare indisturbate, sarà possibile intraprendere percorsi naturalistici con l’accompagnamento di guide; in quella intermedia si svolgeranno attività non invasive, mettendo degli attrezzi ginnici all’aperto e una palestra di bouldering per bambini e poi nell’area al di là di Corso Luigi Sturzo sono previste attività legate al mondo della bicicletta, con strutture reversibili sia per il ciclocross che per il pump track, con sopralzi in legno».

Contrariato sul progetto è ancora Bruno Morra, che ritiene «inconcepibile che venga realizzato in questa zona di protezione speciale, nata come parco agricolo. Ne verrà completamente mutata la fisionomia». Invece, Piergiorgio Terzuolo chiosa: «Non sono un comunicatore ma, parlando del titolo, veicolare che ci sarà una cittadella all’interno di un parco che a sua volta è dentro una città non pare felice. Forse il Meisino è un po’ piccolo per farci stare una città ma questo non vuol dire che non si possa fare nulla, anzi».  

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