di Angela
Due mesi dopo il corteo degli anarchici in solidarietà di Alfredo Cospito e dopo l’attacco ingiustificato e indiscriminato ai danni della Casa del Quartiere Cecchi Point di Aurora – un luogo in cui ogni giorno operano diverse associazioni e cooperative che lavorano con gli abitanti del quartiere, i bambini, gli anziani e le persone fragili – vogliamo riaccendere l’attenzione su quanto accaduto, per capire se sono state chiarite le responsabilità di chi ha gestito le operazioni mettendo tutti i presenti in grave pericolo.
Ma facciamo un passo indietro, cos’è successo?
La sera del 4 marzo 2023 tra le 19:00 e le 21:00 il corteo degli anarchici, partito da piazza Solferino, è particolarmente caldo: alcuni manifestanti si lasciano andare a una serie di vandalismi sfondando vetrine dei negozi, auto parcheggiate e imbrattando muri e monumenti. Il corteo prosegue fino a Porta Palazzo senza che la polizia intervenga. Ma arrivati in Piazza della Repubblica tutto cambia, perché ad attendere i manifestanti ci sono diversi idranti e un fitto lancio di lacrimogeni. Il corteo si spezza e si disperde, ma un gruppo di persone più nutrito imbocca via Cigna fino a quando arriva all’altezza del Cecchi Point. Qui alcuni manifestanti entrano nella struttura e la polizia la circonda, bloccando le uscite e iniziando a sparare lacrimogeni all’interno del cortile.
Come ogni sabato sera all’interno del Cecchi Point si stavano svolgendo attività sociali e l’area esterna del cortile era aperta al pubblico. Tutte le persone presenti, quindi, si sono trovate, improvvisamente, assediate dalla polizia e vittime di un fittissimo lancio di lacrimogeni.
La scelta di bloccare i manifestanti in un centro civico ha generato una situazione di panico generale. In pochi minuti i presenti si sono ritrovati ad affrontare una situazione pericolosissima, che ha visto centinaia di persone chiuse in un unico spazio, senza possibilità di uscita e completamente circondate da un’aria irrespirabile, a cui non era possibile sottrarsi a causa dello schieramento di Forze dell’Ordine che impediva a chiunque di uscire dal Cecchi Point.
La costante nebbia di gas ha intossicato moltissime persone, causando pesanti difficoltà respiratorie, data l’assenza di alcuna alternativa, se non quella di inalare i fumi tossici. Per quasi un’ora le persone si sono trovate a dover assistere alla paradossale situazione provocata da questo lancio all’interno di una Casa del Quartiere
L’elaborazione delle ore successive fa porre non poche domande alle associazioni, tra le quali una che scava nella coscienza della città: poco prima la polizia aveva deciso di non intervenire in centro, in via della Consolata, per non far degenerare la situazione. Ci si chiede, in particolare, se questa gestione non sia anche frutto di una visione della città che prevede quartieri e cittadini di serie A e di serie B, che porta a spostare e concentrare episodi di violenza fuori dal centro.
Molte delle associazioni del Cecchi Point lavorano proprio con progetti che intendono rompere le dinamiche di violenza in un quartiere multietnico e ricco, ma a volte problematico, come Aurora. Ma questo episodio ha fatto vivere a ragazzi e famiglie del quartiere la prova di comportamenti antisociali proprio da parte dello Stato, che dovrebbe farsi promotore di valori opposti.
Ci si pone la domanda su come sia stato possibile tale intervento da parte delle Forze dell’Ordine in un luogo di incontro che vive per la tutela delle persone più fragili. In che modo lanciare lacrimogeni, a manifestazione ormai conclusa, contro persone inermi chiuse in un cortile può essere considerata un’azione di gestione dell’ordine pubblico?
A distanza di due mesi ancora non sono state chiarite le responsabilità di chi ha gestito le operazioni, mettendo i presenti in grave pericolo, e non sono stati presi i provvedimenti del caso affinché una simile gestione dell’ordine pubblico non si ripeta mai più.
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