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Fotografie a cura di Frédérique Gélinas
Il progetto del Comune si basa su una considerazione delle risorse naturali datata, imprecisa e limitante. Per sviluppare un piano funzionale al raggiungimento degli obiettivi e vantaggioso per la cittadinanza occorre osservare il fiume da un’altra prospettiva, seppur più complessa.
Una risorsa naturale è considerata tale, in quanto porta benefici ad una comunità. In termini tecnici questi benefici sono chiamati “servizi ecosistemici”. La risorsa fiume, in base alle proprie caratteristiche, è portatrice di molteplici servizi alle comunità situate in sua prossimità, non a caso nel corso della storia i fiumi hanno svolto un ruolo cruciale e sono la culla della civiltà umana. I servizi ecosistemici della risorsa fiume sono funzione della quantità, della qualità e della costanza delle sue acque, nonché del paesaggio che la costeggia. Pensiamo, a titolo d’esempio, a servizi semplici come l’estrazione delle acque per fini agricoli o industriali, la pesca, la filtrazione, l’energia idroelettrica, l’estrazione di minerali. Considerando le attuali condizioni del Po torinese, la gamma di servizi di cui la cittadinanza può godere è piuttosto scarsa: estrazione delle acque, scarico, attività sportiva, regolamentazione climatica locale, benessere psicologico legato all’osservazione. Di alcuni di essi il cittadino gode in maniera diretta, come la regolamentazione climatica, mentre altri richiedono un’infrastruttura di supporto, ad esempio l’estrazione.
Ora, è possibile collocare ed analizzare il servizio ecosistemico della navigabilità. Questo è funzione della quantità e della costanza delle acque, della struttura fisica del letto e delle sponde del fiume, mentre è solo marginalmente influenzato dalla qualità delle acque. La realizzazione di infrastrutture fisse – gli ormeggi – e mobili – le imbarcazioni – permette lo sfruttamento della risorsa fiume per fini turistici e di trasporto locale. La navigazione è quindi un servizio indiretto che dipende da alcune specifiche caratteristiche del fiume e dalla presenza di strutture d’accesso. In questo contesto, l’infrastruttura di navigazione non aumenta il valore della risorsa fiume, ma incrementa le opportunità di accesso e godimento, supportando determinati servizi ecosistemici (quello di trasporto, quello ricreativo-turistico) ed idealmente facilitando il rapporto cittadino-fiume. Sono questi gli effettivi benefici che la comunità fluviale può trarre dalla navigazione ed è in base ad essi che la stessa andrebbe valutata. Infatti, la navigazione permette l’accesso alla risorsa, ma è la sua qualità che infine garantisce un effettivo servizio-beneficio alla comunità nell’ottica dei due obiettivi contemplati dal progetto: incremento della proposta ricreativa-turistica e rigenerazione del rapporto cittadino-fiume. Indubbiamente, l’accesso ad una risorsa degradata potrebbe non risultare un beneficio effettivo, come già osservato in Parte I.
Consideriamo ora il valore e le caratteristiche delle infrastrutture di navigazione. Queste hanno tendenzialmente un impatto minimo sulla risorsa, specialmente se paragonate ad utilizzi quali lo scarico e l’estrazione. In questo senso, le infrastrutture possono – devono – essere realizzate minimizzando il loro impatto nell’ottica di un utilizzo sostenibile del fiume. Le infrastrutture fluviali hanno due principali impatti: la riduzione di sponde naturali, dovuta alla costruzione degli approdi, e il disturbo della flora e fauna acquatica al passaggio delle imbarcazioni. Nel caso particolare del Po, un fiume già ampiamente sfruttato e degradato, l’impatto di infrastrutture fluviali può considerarsi marginale, visti gli argini già denaturalizzati e l’adattamento della biosfera alla presenza umana. Infine, caratteristiche intrinseche e fondamentali sono la presenza di un investimento iniziale, di un costo di manutenzione – ordinaria e straordinaria – e la diminuzione di valore dell’infrastruttura nel tempo.
Tutto considerato – senza numeri alla mano, nella speranza che li abbia il Comune – il costo-beneficio dell’infrastruttura di navigazione sul Po sembrerebbe incerto.
Dopo aver inquadrato il contesto logico di riferimento e l’attuale progetto, estendiamo il nostro campo visivo. Per navigare in sicurezza bisogna sapere se dopo la prossima ansa ci sarà un placido lago o una cascata tropicale. Abbracciamo quindi l’interezza del Po.
Introduciamo le caratteristiche di un sistema-risorsa naturale come il fiume: si tratta di un sistema autoregolante, autoriparante, resiliente, ricco di servizi ecosistemici gratuiti. È dinamico fino al raggiungimento di uno status quo e, nel processo di avvicinamento all’equilibrio, attiva circoli virtuosi di automiglioramento, senza bisogno di un intervento esterno. Quest’ultima è una caratteristica fondamentale, che comporta un costante aumento di valore della risorsa in termini di servizi ecosistemici e, quindi, di benefici per la comunità. L’esempio classico è il miglioramento della qualità delle acque, a cui di regola consegue il ritorno di specie vegetali ed animali che incrementano la capacità di filtrazione del fiume, il quale, a sua volta, incrementa la qualità delle acque e così via fino al raggiungimento dello status quo. Da questo circolo deriva l’aumento della qualità di molti servizi già esistenti – vedi la regolamentazione climatica –, lo sblocco di ulteriori servizi – vedi la pesca – e la riduzione di alcuni costi legati allo sfruttamento della risorsa stessa – vedi i minori costi di purificazione dell’acqua e i minori costi di mantenimento, permessi dall’incremento della resilienza nel sistema. Progetti sviluppati considerando tali caratteristiche possono avere impatti significativi ed un costo ridotto. Ricordiamo inoltre che la teoria economica inquadra l’homo come amante di tutto ciò che è gratuito: free rider. Un intervento a basso costo e ad alto valore aggiunto risulta quindi parecchio attraente per la scimmia vestita.
Ora possiamo parlare di interventi infrastrutturali o regolamentativi per il miglioramento della risorsa. In questo caso si parla di utilizzo di infrastrutture – di diversa tipologia in base al progetto e allo scopo – che intervengono sulla risorsa per migliorarne le caratteristiche. Immaginiamo interventi di miglioramento della qualità delle acque, di incremento della quantità delle acque, interventi che rendono più costanti i flussi o più resiliente il sistema fiume. Nel caso specifico del Po un intervento per il miglioramento della qualità delle acque avrebbe un effetto in relazione agli obiettivi della Giunta: tutela dell’area, sviluppo turistico, sportivo, creativo e soprattutto la ricostruzione del rapporto cittadino-fiume. Senza considerare i benefici aggiuntivi che tale azione porterebbe, di cui si è già disordinatamente trattato.
Consideriamo in maniera particolare il rapporto Po-cittadinanza. Nella Parte I si è parlato del fallimento della Murazzi Beach e ora possiamo individuarne le due cause principali: l’inesistenza di un rapporto cittadino-fiume e la conseguente difficoltà per la cittadinanza di concepire il Po come una fonte di servizi. Inoltre, le condizioni del Po lo hanno spesso reso un portatore di anti-servizi, si pensi, fra gli altri, all’odore sgradevole, ai suoi putridi rigurgiti, ai costi legati al suo ingabbiamento e a quelli necessari per rimediare alla sua ira. Un marcato miglioramento di questo rapporto si è osservato durante i periodi di lockdown dovuti alla pandemia. In quei mesi la qualità delle acque è migliorata sensibilmente ed è stato notevole il flusso di torinesi sulle sponde del fiume. Sebbene tale fenomeno vada inquadrato nel contesto generale di mancanza delle solite attività ricreative, è innegabile che un Po privo di anti-servizi e gradevole alla vista ha attirato i cittadini.
Un ultimo passaggio logico va quindi esplicitato: è la presenza di un rapporto cittadino-fiume che permette alla comunità di godere a pieno dei benefici – servizi ecosistemici – della risorsa. Puntare su un miglioramento della qualità delle acque ha quindi molteplici vantaggi: incrementa il valore della risorsa stessa, permette l’accesso ad un ciclo crescente di servizi ecosistemici e soprattutto supporta la creazione di un rapporto cittadino-fiume. È infatti la ristrutturazione di tale rapporto che poi stimola la domanda di accesso alla risorsa. Attivare piani per la realizzazione di infrastrutture di accesso, come la navigazione, ha un senso solo successivamente… sognando, ahimè solo sognando, il ritorno a pavesiane bracciate nelle acque cittadine.
Sicuramente questa è una prospettiva nuova, non immediata, difficile da comunicare, che richiede competenze specifiche, ambizione e visione – terrore delle Giunte –, ma spendere i finanziamenti del Next Generation EU per la navigabilità sul Po sembra un’opportunità sprecata. Questi fondi andrebbero utilizzati, invece, per migliorare l’ecosistema città-fiume, per proteggere un fiume dal valore unico ed insostituibile, per rendere il Po una risorsa di civiltà umana come in passato.
Devo chiudere con una nota forse più personale e in qualche modo scollegata dal resto dell’articolo (ho provato ad evitarla fino all’ultimo, ma non posso ignorarmi). L’utilizzo di battelli elettrici non ha di per sé alcun aspetto green: se ci fermassimo a ragionare semplicemente sulle emissioni, come sembra fare la Giunta, andrebbero infatti considerati l’impatto totale per l’implementazione del progetto e la tipologia delle fonti energetiche utilizzate per l’alimentazione delle imbarcazioni. Elettricità-sostenibilità è una rima abusata, che gracchia, che scricchiola, non scorre libera come acque di fiume.
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